domenica 15 giugno 2014

In Vitae Corporis











Separati dal mondo da una tendina di plastica, un conto alla rovescia e quel click. La fototessera è la meno empatica delle fotografie, la più standard e la meno condizionabile. Escluso da subito il fotografo che ci influenza in modo determinante come soggetti, tramite la sua stessa presenza, il suo essere altro da noi che ci osserva e a nostro sentire giudica. Se non lui direttamente, a giudicare è quella sua esperienza di volti e di storie che ci riportano a una verginità imbarazzante. Tolta anche la presenza degli spettatori inconsapevoli, restiamo noi e la tecnologia. Potrebbe apparire uno scatto freddo, tutt'altro, è il più intimo e il meno filtrato. Per Vaccari erano l'inconscio tecnologico e quello sociale ad intervenire nella nascita della foto: la macchina vede per noi. In questo lavoro quell'inconscio è spostato nel tempo: la trasposizione delle fototessere come estremo animista. È come se la fototessera ospitasse l'inconscio di Vaccari, essendone a suo modo una sintesi. A questo punto interviene l'opera di trasferimento della fototessera su un supporto altro; è la fine di un legame chimico-fisico e la nascita di un mondo completamente differente. Ci riconosceremo nella trasposizione? Sarà ancora più arduo di quanto non sia quando ci confrontiamo con fototessere di anni fa, con la memoria. È una rimodulazione della domanda cardine che assilla il soggetto: ci riconosceremo tra anni? La risposta è spesso dolorosa e al contempo scatena una cascata di domande: Chi sono diventato? Quali cicatrici interiori ed esteriori mi hanno reso così diverso. Eppure è molto altro, il trasferimento, è una nuova dimensione che stravolge le nostre illusioni. Possiamo pensarla come il risultato di un'analisi che va interpretato, come una metafora della memoria a lungo termine. Noi e la nostra finitezza davanti a quei rettangolini bianchi che erano le fototessere di amici, parenti e sconosciuti. Il risultato è sorprendente, la trasposizione nega quell'uguaglianza che l'origine comune aveva concesso; alcuni scatti divengono macchie confuse, altri sono ancora riconoscibili. In questo è molto più coerente con la memoria di quanto non lo sia una fotografia, immancabilmente perderemo di vista il ricordo di qualcuno, l'inconscio delle trasposizioni a volte ci asseconda, spesso infatti le macchie meno riconoscibili sono proprio quelle degli sconosciuti.
Sandro Fracasso